ATTIVITA’ DI GESTIONE DI RIFIUTI NON AUTORIZZATA: LA SUPREMA CORTE CONFERMA LE SANZIONI IN RELAZIONE AI REATI DI CUI ALL’ ART 256 COMMA 1 E 3 DEL D.LGS 152/2006.
La Corte di Cassazione, con le sentenze n. 665 e 1131 del 2021 conferma le condanne rispettivamente pronunciate dal Tribunale di Taranto e Marsala in relazione ai reati di cui all’art 256 comma 1 e 3.
Nella sentenza 1131 agli imputati si contesta la realizzazione di una discarica abusiva con abbandono di rifiuti speciali, pericolosi e non pericolosi, come materiali da demolizioni, lastre di eternit, scarti di rifiuti vegetali ecc..
I ricorrenti hanno ritenuto di essere in presenza di un deposito temporaneo realizzato negli intervalli di tempo tra uno smaltimento e il successivo ma non hanno, in tal senso, prodotto alcuna prova.
Rammentiamo che, ai sensi dell’art 183, comma 1 lettera bb) al fine di qualificare il deposito come temporaneo il produttore di rifiuti può alternativamente scegliere di adeguarsi:
- al criterio quantitativo il quale prevede che i rifiuti possano essere conservati per 1 anno per un quantitativo pari a 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi e, anche se il quantitativo non raggiunge questo limite il deposito temporaneo non può comunque avere durata superiore all’anno
- al criterio temporale, ovvero conservare i rifiuti per tre mesi in qualsiasi quantità.
Nel caso in questione la Corte ha, invece, osservato anche in base a quanto riferito dai ricorrenti che i rifiuti erano lì da “due-tre anni” e quindi non possiamo parlare di deposito temporaneo e che tali rifiuti depositati provenivano da altri luoghi, cioè da cantieri edili, il che contrasta ancora con l’art 183 del D. Lgs 152/2006 che ritiene che il deposito temporaneo debba essere realizzato nel luogo di produzione dei rifiuti (con la sola eccezione dei rifiuti che derivano dalle attività di manutenzione delle infrastrutture).
Anche la sentenza 665 condanna il ricorrente per attività di gestione non autorizzata di rifiuti pericolosi e non pericolosi; da evidenziare in questa sentenza che il ricorrente si è limitato alla mera dichiarazione della insussistenza del reato e non ha neppure confutato le argomentazioni emerse dalle due sentenze di condanna con le quali i giudici gli attribuivano sia la disponibilità dell’area su cui erano stati rinvenuti i rifiuti abbandonati, sia la riconducibilità della loro presenza all’attività dello stesso, sia le caratteristiche di abbandono definitivo del materiale, sia il carattere pericoloso dei rifiuti (presente liquido oleoso) oltre che di degrado dell’area.
Pertanto, entrambe le sentenze, in applicazione dell’art 256 del D.Lgs 152/2006 “puniscono”…”chiunque effettua un’attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, comunicazione o eventuali iscrizioni previste” e “chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata”.
06/03/2021
www.consulenzagestionerifiuti.it
La Corte di Cassazione, con le sentenze n. 665 e 1131 del 2021 conferma le condanne rispettivamente pronunciate dal Tribunale di Taranto e Marsala in relazione ai reati di cui all’art 256 comma 1 e 3.
Nella sentenza 1131 agli imputati si contesta la realizzazione di una discarica abusiva con abbandono di rifiuti speciali, pericolosi e non pericolosi, come materiali da demolizioni, lastre di eternit, scarti di rifiuti vegetali ecc..
I ricorrenti hanno ritenuto di essere in presenza di un deposito temporaneo realizzato negli intervalli di tempo tra uno smaltimento e il successivo ma non hanno, in tal senso, prodotto alcuna prova.
Rammentiamo che, ai sensi dell’art 183, comma 1 lettera bb) al fine di qualificare il deposito come temporaneo il produttore di rifiuti può alternativamente scegliere di adeguarsi:
- al criterio quantitativo il quale prevede che i rifiuti possano essere conservati per 1 anno per un quantitativo pari a 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi e, anche se il quantitativo non raggiunge questo limite il deposito temporaneo non può comunque avere durata superiore all’anno
- al criterio temporale, ovvero conservare i rifiuti per tre mesi in qualsiasi quantità.
Nel caso in questione la Corte ha, invece, osservato anche in base a quanto riferito dai ricorrenti che i rifiuti erano lì da “due-tre anni” e quindi non possiamo parlare di deposito temporaneo e che tali rifiuti depositati provenivano da altri luoghi, cioè da cantieri edili, il che contrasta ancora con l’art 183 del D. Lgs 152/2006 che ritiene che il deposito temporaneo debba essere realizzato nel luogo di produzione dei rifiuti (con la sola eccezione dei rifiuti che derivano dalle attività di manutenzione delle infrastrutture).
Anche la sentenza 665 condanna il ricorrente per attività di gestione non autorizzata di rifiuti pericolosi e non pericolosi; da evidenziare in questa sentenza che il ricorrente si è limitato alla mera dichiarazione della insussistenza del reato e non ha neppure confutato le argomentazioni emerse dalle due sentenze di condanna con le quali i giudici gli attribuivano sia la disponibilità dell’area su cui erano stati rinvenuti i rifiuti abbandonati, sia la riconducibilità della loro presenza all’attività dello stesso, sia le caratteristiche di abbandono definitivo del materiale, sia il carattere pericoloso dei rifiuti (presente liquido oleoso) oltre che di degrado dell’area.
Pertanto, entrambe le sentenze, in applicazione dell’art 256 del D.Lgs 152/2006 “puniscono”…”chiunque effettua un’attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, comunicazione o eventuali iscrizioni previste” e “chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata”.
06/03/2021
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Luca D'Alessandris