Raccolta, trasporto e commercio dei rifiuti in forma ambulante
Interessante intervento della Suprema Corte (sentenza n. 29992/14 del 09 luglio 2014) che fa chiarezza sul tema della raccolta, trasporto e commercio in forma ambulante dei rifiuti svolto dai “robivecchi” o “cenciaioli”, molto spesso costituiti da rottami ferrosi raccolti e rivenduti ai centri di rottamazione autorizzati.
La sentenza in esame affronta il ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica di Asti, avverso la sentenza del GIP che assolveva l’imputato dal reato di cui all’art. 256, comma 1 del D.Lgs 152/2006, per trasporto di rifiuti urbani e speciali, costituiti per lo più da rottami ferrosi, in assenza della prescritta iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali, prevista dall’art. 212 del D.Lgs. 152/2006.
I giudici della S.C. accolgono il ricorso, annullando con rinvio la sentenza impugnata, e delineano il campo di applicazione del sistema sanzionatorio ex art. 256, comma 1, del D.Lgs. 152/2006 e della deroga alla disciplina generale dei rifiuti prevista dall’art. 266, comma 5 del D.Lgs. 152/2006;
quest’ultima disposizione esonera dall’applicazione degli articoli 189 (dichiarazione MUD), 190 (registro di carico e scarico), 193 (Formulario Identificazione Rifiuto) e 212 (iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali) l’attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate dai soggetti abilitati allo svolgimento delle attività medesime in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio;
mentre, l’art. 256, comma 1 del D.Lgs. 152/2006 sanziona “Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’art. 29-quattuordecies, comma 1, chiunque effettua un’attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215, 216 ….”.
La sentenza stabilisce che tale sistema sanzionatorio è applicabile a chiunque (quindi è considerato reato comune e non reato proprio, poiché non occorrono i requisiti della professionalità della condotta) svolge una delle attività indicate, anche di fatto o in modo secondario o consequenziale all’esercizio di un’attività primaria diversa che richieda, per il suo esercizio, uno dei titoli abilitativi indicati e che non sia caratterizzata da assoluta occasionalità.
La sanzione, comunque, non si applica nel caso il cui l’attività svolta è caratterizzata da assoluta occasionalità, richiamando così la sentenza 5031/2012, nella quale si chiarisce che con il termine “attività” deve intendersi ogni condotta che non sia caratterizzata da assoluta occasionalità e non richiede ulteriori requisiti di carattere soggettivo o oggettivo perché sia integrata la fattispecie criminosa;
inoltre, prosegue la sentenza in esame, non rileva la minore o maggiore entità del volume di affari, nel momento in cui il giudice di primo grado considera rilevante a tal fine “l’agire su piccola scala, raccogliendo modeste quantità di rifiuti abbandonati o consegnate dai privati”.
La norma del sistema sanzionatorio in discussione, include astrattamente anche la raccolta e trasporto di rifiuti in forma ambulante nel caso in cui non ricorrono le condizioni derogatorie poste dall’art. 266, comma 5 del D.Lgs. 152/2006.
I giudici della Suprema Corte, esaminate le precedenti pronunce in materia e la normativa sul commercio ambulante, hanno evidenziato che, nonostante la successione delle leggi nel tempo in materia di commercio ambulante, il Legislatore ha lasciato inalterato il contenuto e l’efficacia della norma derogatoria di cui all’art. 266, comma 5, del D.Lgs. 152/2006, legittimandone così l’esistenza nel nostro ordinamento, più volte messo in dubbio dalla dottrina.
Pertanto, l’attività di raccolta, trasporto e commercio ambulante di rifiuti può essere esercitata in deroga alla disciplina generale sui rifiuti, soltanto se sono rispettate le condizioni dettate dalla normativa speciale sul commercio ambulante, ex D.Lgs 114/1998 e relative norme regionali attuative, che prevedono il rilascio della licenza comunale al commercio ambulante e l’iscrizione alla Camera di Commercio territorialmente competente;
tali titoli abilitativi devono specificare l’oggetto dell’attività e la tipologia dei rifiuti raccolti, trasportati e commercializzati.
Resta inteso che gli impianti destinatari (ad esempio i rottamatori nel caso di rottami ferrosi), devono verificare preventivamente il possesso di tali titoli abilitativi ed il rispettodelle condizioni dettate dalla normativa nazionale e regionale in materia di commercio ambulante.
25 luglio 2014
Luca D’Alessandris
www.consulenzagestionerifiuti.it
Riprodurre integralmente o parzialmente il presente testo senza citare l'autore e la fonte, è reato ai sensi della Legge 633/1941 s.m.i. con Legge 248/2000.
(Fonte della foto:www.wordpress.com)
Interessante intervento della Suprema Corte (sentenza n. 29992/14 del 09 luglio 2014) che fa chiarezza sul tema della raccolta, trasporto e commercio in forma ambulante dei rifiuti svolto dai “robivecchi” o “cenciaioli”, molto spesso costituiti da rottami ferrosi raccolti e rivenduti ai centri di rottamazione autorizzati.
La sentenza in esame affronta il ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica di Asti, avverso la sentenza del GIP che assolveva l’imputato dal reato di cui all’art. 256, comma 1 del D.Lgs 152/2006, per trasporto di rifiuti urbani e speciali, costituiti per lo più da rottami ferrosi, in assenza della prescritta iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali, prevista dall’art. 212 del D.Lgs. 152/2006.
I giudici della S.C. accolgono il ricorso, annullando con rinvio la sentenza impugnata, e delineano il campo di applicazione del sistema sanzionatorio ex art. 256, comma 1, del D.Lgs. 152/2006 e della deroga alla disciplina generale dei rifiuti prevista dall’art. 266, comma 5 del D.Lgs. 152/2006;
quest’ultima disposizione esonera dall’applicazione degli articoli 189 (dichiarazione MUD), 190 (registro di carico e scarico), 193 (Formulario Identificazione Rifiuto) e 212 (iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali) l’attività di raccolta e trasporto di rifiuti effettuate dai soggetti abilitati allo svolgimento delle attività medesime in forma ambulante, limitatamente ai rifiuti che formano oggetto del loro commercio;
mentre, l’art. 256, comma 1 del D.Lgs. 152/2006 sanziona “Fuori dai casi sanzionati ai sensi dell’art. 29-quattuordecies, comma 1, chiunque effettua un’attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215, 216 ….”.
La sentenza stabilisce che tale sistema sanzionatorio è applicabile a chiunque (quindi è considerato reato comune e non reato proprio, poiché non occorrono i requisiti della professionalità della condotta) svolge una delle attività indicate, anche di fatto o in modo secondario o consequenziale all’esercizio di un’attività primaria diversa che richieda, per il suo esercizio, uno dei titoli abilitativi indicati e che non sia caratterizzata da assoluta occasionalità.
La sanzione, comunque, non si applica nel caso il cui l’attività svolta è caratterizzata da assoluta occasionalità, richiamando così la sentenza 5031/2012, nella quale si chiarisce che con il termine “attività” deve intendersi ogni condotta che non sia caratterizzata da assoluta occasionalità e non richiede ulteriori requisiti di carattere soggettivo o oggettivo perché sia integrata la fattispecie criminosa;
inoltre, prosegue la sentenza in esame, non rileva la minore o maggiore entità del volume di affari, nel momento in cui il giudice di primo grado considera rilevante a tal fine “l’agire su piccola scala, raccogliendo modeste quantità di rifiuti abbandonati o consegnate dai privati”.
La norma del sistema sanzionatorio in discussione, include astrattamente anche la raccolta e trasporto di rifiuti in forma ambulante nel caso in cui non ricorrono le condizioni derogatorie poste dall’art. 266, comma 5 del D.Lgs. 152/2006.
I giudici della Suprema Corte, esaminate le precedenti pronunce in materia e la normativa sul commercio ambulante, hanno evidenziato che, nonostante la successione delle leggi nel tempo in materia di commercio ambulante, il Legislatore ha lasciato inalterato il contenuto e l’efficacia della norma derogatoria di cui all’art. 266, comma 5, del D.Lgs. 152/2006, legittimandone così l’esistenza nel nostro ordinamento, più volte messo in dubbio dalla dottrina.
Pertanto, l’attività di raccolta, trasporto e commercio ambulante di rifiuti può essere esercitata in deroga alla disciplina generale sui rifiuti, soltanto se sono rispettate le condizioni dettate dalla normativa speciale sul commercio ambulante, ex D.Lgs 114/1998 e relative norme regionali attuative, che prevedono il rilascio della licenza comunale al commercio ambulante e l’iscrizione alla Camera di Commercio territorialmente competente;
tali titoli abilitativi devono specificare l’oggetto dell’attività e la tipologia dei rifiuti raccolti, trasportati e commercializzati.
Resta inteso che gli impianti destinatari (ad esempio i rottamatori nel caso di rottami ferrosi), devono verificare preventivamente il possesso di tali titoli abilitativi ed il rispettodelle condizioni dettate dalla normativa nazionale e regionale in materia di commercio ambulante.
25 luglio 2014
Luca D’Alessandris
www.consulenzagestionerifiuti.it
Riprodurre integralmente o parzialmente il presente testo senza citare l'autore e la fonte, è reato ai sensi della Legge 633/1941 s.m.i. con Legge 248/2000.
(Fonte della foto:www.wordpress.com)
Luca D'Alessandris