Abbandono e deposito incontrollato dei rifiuti, reato permanente o reato istantaneo?

Se “l’attività di abbandono e di deposito incontrollato dei rifiuti è prodromica ad una successiva fase di smaltimento ovvero di recupero del rifiuto stesso, caratterizzandosi, pertanto, essa come forma, per quanto elementare, di gestione del rifiuto (della quale attività potrebbe dirsi che essa costituisce il “grado zero”) la relativa attività permea di sé l’intera condotta (quindi sia la fase prodromica che quella successiva) integrando, pertanto, una fattispecie penale di durata, la cui permanenza cessa soltanto con il compimento delle fasi ulteriori rispetto a quella di rilascio, tutto ciò con le derivanti conseguenze anche a livello di decorrenza del termine prescrizionale”.

Mentre, qualora “…siffatta attività non costituisca l’antecedente di una successiva fase volta al compimento di ulteriori operazioni aventi ad oggetto appunto lo smaltimento od il recupero del rifiuto, ma racchiuda in sé l’intero disvalore penale della condotta, non vi è ragione di ritenere che essa sia idonea ad integrare un reato permanente; di ciò in quanto, essendosi il reato pienamente perfezionato ed esaurito in tutte le sue componenti oggettive e soggettive, risulterebbe del tutto irragionevole non considerarne ormai cristallizzati i profili dinamici fin dal momento del rilascio del rifiuto, nessuna ulteriore attività residuando alla descritta attività di abbandono.”

E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 30910/2014, nell’esaminare il ricorso ad una sentenza di condanna per violazione dell’art. 256, commi 1, lettera b) e 2, del D.Lgs 152/2006, per aver l’imputato, abbandonato su un terreno di proprietà di terzi, rifiuti pericolosi e non pericolosi.

La questione attiene alla corretta individuazione della natura giuridica della condotta contestata, se integri la fattispecie del reato permanente oppure istantaneo, ovvero il “momento consumativo del reato”, anche ai fini della decorrenza del termine prescrizionale dei reati contestati.

Infatti, i giudici della S.C. rinviano al giudice di merito affinché valuti “…se l’azione di abbandono e deposito del rifiuto si vada ad innestare in una più articolata fase…di gestione dello stesso ovvero se debba, invece, intendersi definita e conclusa in tutti i suoi elementi e non più dotata di un ulteriore dinamismo criminoso.”

Evitando di approfondire questioni prettamente giuridiche, si può genericamente affermare che, il reato è “istantaneo” quando la consumazione si identifica con il compimento dell’ultimo o dell’unico atto che integra la condotta o la verificazione dell’evento criminoso;

è invece “permanente” quando la condotta o l’evento si protraggono nel tempo, quindi l’antigiuridicità ha un inizio ed una fine temporale.

Da valutare, ai fini della configurabilità o meno del reato più grave di attività organizzata nell’illecita gestione dei rifiuti, è l’occasionalità o meno della condotta criminosa di abbandono o di deposito incontrollato, infatti, le ripetute e sistematiche azioni di abbandono di rifiuti nello stesso luogo, “…farà propendere per una forma di organizzazione della condotta, sintomo attendibile di una volontà gestoria …così come altri indici rivelatori della finalità gestoria potranno essere la pertinenza, o meno, del rifiuto all’eventuale circuito produttivo riferibile all’agente.”In tale caso il reato di deposito incontrollato di rifiuti è reato permanente, costituendo il “grado zero”della gestione del rifiuto preventiva rispetto alle successive fasi di gestione, la sua consumazione perdura fino allo smaltimento o al recupero.

Qualora invece l’agente, si limiti ad un’unica condotta, il giudizio dovrà propendere sul carattere “istantaneo del reato”.

 

A cura di Luca D'Alessandris

www.consulenzagestionerifiuti.it

Riprodurre integralmente o parzialmente il presente testo senza citare l'autore e la fonte,  è reato ai sensi della Legge 633/1941 s.m.i. con Legge 248/2000.

Se “l’attività di abbandono e di deposito incontrollato dei rifiuti è prodromica ad una successiva fase di smaltimento ovvero di recupero del rifiuto stesso, caratterizzandosi, pertanto, essa come forma, per quanto elementare, di gestione del rifiuto (della quale attività potrebbe dirsi che essa costituisce il “grado zero”) la relativa attività permea di sé l’intera condotta (quindi sia la fase prodromica che quella successiva) integrando, pertanto, una fattispecie penale di durata, la cui permanenza cessa soltanto con il compimento delle fasi ulteriori rispetto a quella di rilascio, tutto ciò con le derivanti conseguenze anche a livello di decorrenza del termine prescrizionale”.

Mentre, qualora “…siffatta attività non costituisca l’antecedente di una successiva fase volta al compimento di ulteriori operazioni aventi ad oggetto appunto lo smaltimento od il recupero del rifiuto, ma racchiuda in sé l’intero disvalore penale della condotta, non vi è ragione di ritenere che essa sia idonea ad integrare un reato permanente; di ciò in quanto, essendosi il reato pienamente perfezionato ed esaurito in tutte le sue componenti oggettive e soggettive, risulterebbe del tutto irragionevole non considerarne ormai cristallizzati i profili dinamici fin dal momento del rilascio del rifiuto, nessuna ulteriore attività residuando alla descritta attività di abbandono.”

E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 30910/2014, nell’esaminare il ricorso ad una sentenza di condanna per violazione dell’art. 256, commi 1, lettera b) e 2, del D.Lgs 152/2006, per aver l’imputato, abbandonato su un terreno di proprietà di terzi, rifiuti pericolosi e non pericolosi.

La questione attiene alla corretta individuazione della natura giuridica della condotta contestata, se integri la fattispecie del reato permanente oppure istantaneo, ovvero il “momento consumativo del reato”, anche ai fini della decorrenza del termine prescrizionale dei reati contestati.

Infatti, i giudici della S.C. rinviano al giudice di merito affinché valuti “…se l’azione di abbandono e deposito del rifiuto si vada ad innestare in una più articolata fase…di gestione dello stesso ovvero se debba, invece, intendersi definita e conclusa in tutti i suoi elementi e non più dotata di un ulteriore dinamismo criminoso.”

Evitando di approfondire questioni prettamente giuridiche, si può genericamente affermare che, il reato è “istantaneo” quando la consumazione si identifica con il compimento dell’ultimo o dell’unico atto che integra la condotta o la verificazione dell’evento criminoso;

è invece “permanente” quando la condotta o l’evento si protraggono nel tempo, quindi l’antigiuridicità ha un inizio ed una fine temporale.

Da valutare, ai fini della configurabilità o meno del reato più grave di attività organizzata nell’illecita gestione dei rifiuti, è l’occasionalità o meno della condotta criminosa di abbandono o di deposito incontrollato, infatti, le ripetute e sistematiche azioni di abbandono di rifiuti nello stesso luogo, “…farà propendere per una forma di organizzazione della condotta, sintomo attendibile di una volontà gestoria …così come altri indici rivelatori della finalità gestoria potranno essere la pertinenza, o meno, del rifiuto all’eventuale circuito produttivo riferibile all’agente.”In tale caso il reato di deposito incontrollato di rifiuti è reato permanente, costituendo il “grado zero”della gestione del rifiuto preventiva rispetto alle successive fasi di gestione, la sua consumazione perdura fino allo smaltimento o al recupero.

Qualora invece l’agente, si limiti ad un’unica condotta, il giudizio dovrà propendere sul carattere “istantaneo del reato”.

 

A cura di Luca D'Alessandris

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Riprodurre integralmente o parzialmente il presente testo senza citare l'autore e la fonte,  è reato ai sensi della Legge 633/1941 s.m.i. con Legge 248/2000.


Articolo scritto il 21-09-2014

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