LA RESPONSABILITA' DI GESTIONE ILLECITA RIFIUTI RICADE SUL TITOLARE/RESPONSABILE dell' impresa PER FATTO COMMESSO DAL DIPENDENTE

 Prendendo spunto dalla recente sentenza n.30133 del 15 luglio 2017 della III Sezione Penale della Corte di Cassazione si esamina la responsabilità della condotta illecita in materia di gestione di rifiuti posta in essere dal dipendente dell’impresa.

Con tale pronuncia la suprema Corte ribadisce e consolida il proprio orientamento già espresso in precedenti sentenze  e, più precisamente, con le sentenze n.3905 del 27 gennaio 2017 e n. 13213 del 20 marzo 2017, sempre della terza Sezione , dove viene sancito che la responsabilità per le diverse fasi di gestione di rifiuti non autorizzate, sia esso trasporto o smaltimento, ricade sul responsabile dell’impresa sotto il profilo dell’omessa vigilanza sull’operato dei propri dipendenti; in sintesi, nelle diverse condotte criminose esaminate con le pronunce suindicate, viene messo in evidenza il principio che il titolare/responsabile dell’impresa, proprio in quanto tale,  è il destinatario degli obblighi che discendono dallo svolgimento di attività in materia di gestione di rifiuti.

Va precisato, però, che non si tratta di una responsabilità oggettiva per condotte poste in essere da altro soggetto, ma da una responsabilità per violazione dei doveri di diligenza (responsabilità colposa) non avendo correttamente vigilato sull’operato dei dipendenti adottando le necessarie misure che potevano evitare la commissione di illeciti; responsabilità questa che ricade sulle posizioni apicali ovvero sui soggetti preposti alla direzione dell’impresa.

 Pertanto si consolida l’orientamento giurisprudenziale in base al quale la condotta incriminatrice sancita nell’articolo 256 del D.lgs. 152/06 non si riferisce solo alle condotte ascrivibili direttamente al titolare dell’impresa perché da lui poste in essere concretamente ma anche, al contrario, alle condotte poste in essere nell’ambito dell’attività di impresa se pur da soggetti diversi dallo stesso titolare; responsabilità colpevole che può essere evitata utilizzando la normale diligenza.

In conclusione l’elemento strutturale affinché si configuri il reato di cui all’articolo 256 sopracitato non è né la presenza fisica del   responsabile dell’impresa al momento che la condotta altrui viene posta in essere né che sia egli stesso a porla in essere, essendo sufficiente l’omessa vigilanza sull’operato dei propri collaboratori.              

Dr. Gianpietro Luciano

 13/10/2017

www.consulenzagestionerifiuti.it

Riprodurre integralmente o parzialmente il presente testo senza citare l'autore e la fonte, è reato ai sensi della Legge 633/1941 s.m.i. con Legge 248/2000.

 Prendendo spunto dalla recente sentenza n.30133 del 15 luglio 2017 della III Sezione Penale della Corte di Cassazione si esamina la responsabilità della condotta illecita in materia di gestione di rifiuti posta in essere dal dipendente dell’impresa.

Con tale pronuncia la suprema Corte ribadisce e consolida il proprio orientamento già espresso in precedenti sentenze  e, più precisamente, con le sentenze n.3905 del 27 gennaio 2017 e n. 13213 del 20 marzo 2017, sempre della terza Sezione , dove viene sancito che la responsabilità per le diverse fasi di gestione di rifiuti non autorizzate, sia esso trasporto o smaltimento, ricade sul responsabile dell’impresa sotto il profilo dell’omessa vigilanza sull’operato dei propri dipendenti; in sintesi, nelle diverse condotte criminose esaminate con le pronunce suindicate, viene messo in evidenza il principio che il titolare/responsabile dell’impresa, proprio in quanto tale,  è il destinatario degli obblighi che discendono dallo svolgimento di attività in materia di gestione di rifiuti.

Va precisato, però, che non si tratta di una responsabilità oggettiva per condotte poste in essere da altro soggetto, ma da una responsabilità per violazione dei doveri di diligenza (responsabilità colposa) non avendo correttamente vigilato sull’operato dei dipendenti adottando le necessarie misure che potevano evitare la commissione di illeciti; responsabilità questa che ricade sulle posizioni apicali ovvero sui soggetti preposti alla direzione dell’impresa.

 Pertanto si consolida l’orientamento giurisprudenziale in base al quale la condotta incriminatrice sancita nell’articolo 256 del D.lgs. 152/06 non si riferisce solo alle condotte ascrivibili direttamente al titolare dell’impresa perché da lui poste in essere concretamente ma anche, al contrario, alle condotte poste in essere nell’ambito dell’attività di impresa se pur da soggetti diversi dallo stesso titolare; responsabilità colpevole che può essere evitata utilizzando la normale diligenza.

In conclusione l’elemento strutturale affinché si configuri il reato di cui all’articolo 256 sopracitato non è né la presenza fisica del   responsabile dell’impresa al momento che la condotta altrui viene posta in essere né che sia egli stesso a porla in essere, essendo sufficiente l’omessa vigilanza sull’operato dei propri collaboratori.              

Dr. Gianpietro Luciano

 13/10/2017

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Riprodurre integralmente o parzialmente il presente testo senza citare l'autore e la fonte, è reato ai sensi della Legge 633/1941 s.m.i. con Legge 248/2000.


Articolo scritto il 13-10-2017

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